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Il Rent to buy e il fallimento

Ogni promessa è un debito! E' così che recita il proverbio, giusto?

Dopo l'insistenza di alcuni fedelissimi lettori (con i quali mi scuso per l'attesa), adempio all'impegno assunto e parlo delle sorti del rent to buy in caso di fallimento.

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Piccolo riassunto delle “puntate precedenti”

L'art. 23 del Decreto Sblocca Italia (il D.L. 133/14, così come modificato dalla legge di conversione L. 164/14) ha disciplinato il contratto di rent to buy, una formula che consente a colui che intende acquistare un immobile, di entrarne subito in possesso, differendo l'effetto traslativo (il vero e proprio passaggio di proprietà), ad un momento successivo, versando al proprietario – venditore dello stesso immobile un canone che verrà imputato, in parte, a titolo di compenso per il godimento e, in parte, a titolo di anticipo sul prezzo di vendita.

Cosa succede se uno dei due protagonisti del rtb fallisce? Quali sono le sorti del contratto di rtb stipulato?

Prima di partire è necessario, però, chiarire cosa è il fallimento e le caratteristiche principali di alcuni istituti (per chi lo sa già, può saltare tutto, cliccando qui).

Il fallimento è una procedura concorsuale che colpisce l'imprenditore commerciale (sia individuale che società), in stato di insolvenza ed ha lo scopo di liquidare l'eventuale attivo in favore dei creditori, secondo il criterio della c.d. par condicio creditorum e tenendo anche conto delle cause di prelazione.

In estrema sintesi, avviata la procedura fallimentare e dopo che sono stati accertati dal competente Tribunale, la sussistenza di tutti i presupposti, l'imprenditore viene dichiarato fallito, con la conseguenza che tutti i rapporti in essere fino a quel momento, sia con i clienti, che con i fornitori, vengono congelati (mi esprimo in modo atecnico!).

Spetterà al curatore del fallimento decidere se proseguire (o meglio se subentrare) nel singolo rapporto contrattuale, al posto dell'imprenditore fallito, assumendo tutti gli obblighi conseguenziali o se sciogliersi dal contratto (art. 72 Legge Fallimentare).

Saltando a piè pari altri istituti, per arrivare subito al nocciolo: quello che chi ci interessa per il rtb, è l'azione revocatoria fallimentare.

Questa è una particolare azione giudiziale che consente al curatore di rendere inefficaci tutti gli atti che sono stati compiuti dal fallito in pregiudizio dei creditori, ivi compresi, ad esempio, gli atti di compravendita immobiliare e, quindi, anche i contratti di rtb.

Una volta che l'atto, ad esempio, un contratto con il quale il fallito aveva venduto qualcosa, viene travolto con l'azione revocatoria, l'acquirente dovrà restituire alla curatela fallimentare la cosa acquistata (qualsiasi essa sia) e far apposita istanza (domanda di ammissione al passivo), per rientrare in possesso delle somme pagate.

Spesso (per non dire sempre), però, la restituzione del prezzo (non di certo celere!), non avviene al 100%, perchè, in genere, l'acquirente non può usufruire di alcun diritto di prelazione (privilegio) rispetto agli altri creditori (es. creditori ipotecari come le banche).

Arriviamo al dunque.

Tornando al rtb, l'art. 23 distingue due ipotesi: 1) il fallimento del proprietario dell'immobile, anche detto concedente, dal 2) fallimento del conduttore, colui che intende acquistare con la formula del rtb, che ben può essere una persona qualsiasi, ma anche un imprenditore individuale o una società che, per esempio, utilizza il rent to buy per acquistare un capannone industriale o persino un'intera azienda.

1) il fallimento del proprietario – concedente

L'art. 23 specifica che se a fallire è il concedente, il contratto di rent to buy prosegue normalmentee, conseguentemente, il conduttore continuerà a pagare il canone non più al proprietario fallito, bensì direttamente alla curatela fallimentare e, quest'ultima, alla prevista scadenza, dovrà trasferire l'immobile al primo.

Diversamente da quanto disposto dall'art. 72 della Legge Fallimentare, quindi,il curatore nonpuò optare per lo scioglimento del rtb, ma deve continuare con la sua esecuzione indipendentemente dalla natura del bene immobile (ad uso abitativo o ad uso commerciale) oggetto del contratto concluso.

In questo modo il Legislatore è andato ben oltre alla tutela riconosciuta, ad esempio, ai promittenti acquirenti di un contratto preliminare di vendita sottoscritto con un'impresa di costruzione fallita, poiché in questi ultimi casi:

a) il curatore è comunque libero di scegliere fra lo scioglimento o meno del contratto preliminare;

b) se il contratto preliminare si scioglie (cosa che non potrebbe mai accadere con il rtb), il promissario acquirente, dovendo chiedere la restituzione delle somme pagate all'impresa fallita, potrà avvantaggiarsi di un particolare privilegio;

c) con la prosecuzione del contratto preliminare, poi, il curatore non deve previamente interpellare il comitato dei creditori, a condizione, però, che il contratto stesso abbia ad oggetto un immobile ad uso abitativo, destinato a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado, o un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell'attività di impresa dell'acquirente (art. 72, commi 7 e 8).

Parafrasando un (ex)magistrato diventato famoso: cosa ci “azzecca” questo confronto fra le normative? Serve per aumentare la lunghezza del post?

Sicuramente NO!

Il Legislatore con il Decreto Sblocca Italia ha introdotto un vero e proprio modello contrattuale del rent to buy, andando, così, a diminuire l'autonomia contrattuale delle parti, ma ciò non esclude che, d'accordo, le stesse parti possano raggiungere le stesse finalità del rtb in altro modo, ad esempio, sottoscrivendo un contratto preliminare di acquisto e un contratto di locazione, connessi fra di loro.

Ora, se le parti decidono di concludere un rtb, così come disciplinato dall'art. 23, troveranno applicazione le norme appena introdotte, ma se, invece, opteranno per un modello contrattuale differente (contratto preliminare + contratto di locazione), potranno trovare applicazione le norme in materia fallimentare alle quali ho fatto accenno, a condizione, questa volta, che il contratto preliminare sia stato trascritto ai sensi dell'art. 2645 bis c.c..

Valutiamo, ora, un altro aspetto: se a fallire è il proprietario – concedente, il contratto di rtb potrà essere sottoposto ad azione revocatoria?

SI, a condizione, però, che:

a) il contratto di rtb non sia stato trascritto ai sensi dell'art. 2645 bis c.p.c. o gli effetti della trascrizione non siano cessati (l'efficacia, per il rtb, può essere anche decennale);

b) il contratto non sia stato concluso a giusto prezzo;

c) l'immobile oggetto del rtb se ad uso abitativo, non sia destinato a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado, o se ad uso non abitativo non sia destinato a costituire la sede principale dell'attività di impresa dell'acquirente.

2) il fallimento dell'acquirente – conduttore

In maniera molto sintetica, il Legislatore spiega che troverà applicazione l'art. 72 della Legge Fallimentare, così che il curatore, questa volta, sarà libero di scegliere fra la prosecuzione o meno del contratto.

Se il curatore deciderà di sciogliere il contratto di rtb, per esplicito rinvio al comma 5 dell'art. 23 (anche se si dubita che sia proprio all'art. 23!), il proprietario – concedente avrà diritto:

a) alla restituzione dell'immobile;

b) a trattenere le somme incassate a titolo di anticipo sul prezzo.

In questo caso, troverà applicazione e tornerà utile quella clausola che ho appellato della “discordia”, in base alla quale le parti dovranno già stabilire, a priori, la quota parte di canone imputata a corrispettivo che il proprietario dovrà restituire se il conduttore decide di non esercitare il proprio diritto di acquistare l'immobile, entro il termine stabilito.

Il contratto di rtb potrà essere soggetto a revocatoria, se fallisce il conduttore – acquirente?

La risposta non può che essere positiva, poiché le norme di favore che escludono il ricorso all'azione revocatoria sono state previste per la tutela dell'acquirente, che perde l'immobile, non per il proprietario che, dopo l'esperimento dell'azione revocatoria torna in possesso dell'immobile, correndo solo il rischio di restituire i soldi incassati a titolo di anticipo sul prezzo.

Avvocato Gennaro Marasciuolo del Foro di Trani

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