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Il Rent to buy e la clausola della discordia

Il rent to buy, il contratto che permette a chi ha in godimento un immobile, di diventarne il proprietario, ha subito un ulteriore ritocco, che ha ridotto, ancora di più, l'autonomia delle parti.

Il Governo lo aveva disciplinato con l'art. 23 del c.d. Decreto Sblocca Italia, il D.L. 132/14 e, ora, con la Legge di conversione, L. 164/2014, il Parlamento ci ha messo il suo zampino, introducendo l'obbligo di inserimento di una clausola che causerà non qualche problema, da prima, interpretativo e, poi, applicativo.

L'obbligo della clausola della “discordia” è contenuto nel neo aggiunto comma 1 bis dell'art. 23, D.L. 132/2014, che impone alle parti di stabilire la quota dei canoni imputata a corrispettivo, che il proprietario – concedente, deve restituire nel caso in cui il conduttore – acquirente decida di non esercitare il proprio diritto di acquistare l'immobile entro il termine stabilito.

Il nocciolo della questione è: l'inserimento di questa clausola è effettivamente obbligatorio? Se diamo una risposta positiva, quali sono le conseguenze?

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Il perchè della modifica

L'intenzione del Governo e, quindi, ora, del Parlamento è quella di tutelare le parti e, in modo particolare, l'acquirente, visto sempre come il contraente debole.

Ma il modo con il quale si è inteso perseguire tale scopo rischia di imbrigliare il rtb in uno schema rigido e di fargli perdere quel fascino che lo caratterizzava, l'estrema duttilità, nonchè la facilità con la quale si adattava alle esigenze delle parti.

Non è un caso che molti associno il rtb, al c.d. programma preparatorio all'acquisto, perchè, se ben strutturato era (e mi auguro lo sia tutt'ora), in grado di accompagnare le parti, fino all'effettiva vendita dell'immobile dal concedente al conduttore – acquirente.

Il motivo della discordia

Arriviamo al “dunque” del comma 1 bis, dell'art. 23 del Decreto Sblocca Italia: parrebbe (il condizionale è d'obbligo), che sia stato introdotto il preciso obbligo, per le parti, di stabilire, nel contratto di rent to buy, la quota di canone da imputare a corrispettivo, che il proprietario dovrà restituire, nel caso in cui il concedente non intenda esercitare il proprio diritto di acquistare l'immobile, entro il termine stabilito.

Ma, a mio parere, non è possibile introdurre un diritto di opzione che, nel caso specifico, mal celerebbe la facoltà, per una parte, di risolvere unilateralmente il contratto.

Se è apparso giusto tutelare l'acquirente, non è corretto costringere il proprietario a rischiare di perdere un affare.

Quest'ultimo, infatti:

a) si troverebbe, a concedere il godimento dell'immobile ad una persona che potrebbe decidere di non acquistare più;

b) sarebbe costretto a restituire l'intera quota di canone imputata ad anticipo;

c) rischierebbe di perdere, nel contempo, altri affari forse più vantaggiosi, come la vendita immediata del suo bene e/o ad un prezzo più alto.

All'atto pratico, poi, l'obbligo in parola potrebbe ostacolare la conclusione dell'affare, provocando degli attriti fra le parti, che dovrebbero raggiungere un accordo, ad esempio:

1) sul termine entro il quale l'acquirente deve esprimere la sua intenzione;

2) sulla forma della dichiarazione e sul valore dell'eventuale silenzio;

3) sul destino del contratto, nel caso in cui l'acquirente non intenda acquistare: cosa succede? Il contratto si risolve? O si trasforma in un contratto di locazione, nonostante l'art.23 si riferisca all'usufrutto e da quando decorre l'eventuale rapporto di locazione?

Se si accede alla tesi dell'obbligatorietà della concessione, in tutti i contratti, del diritto di opzione del conduttore, vorrebbe dire che il rtb è stato snaturato ed associato al contratto di leasing, ipotesi, quest'ultima esclusa dal primo comma dell'art. 23.

Il rtb è cosa completamente differente!

In tanto l'immobile viene concesso in godimento, al conduttore, retro corrispettivo di un canone, in quanto, si cerca di favorirlo, così che possa usufruire subito dell'immobile, possa incominciare a pagare un anticipo sul prezzo della futura vendita e, conseguentemente, possa maturare i requisiti richiesti dalle banche per ottenere la concessione del mutuo (c.d. equity bancario).

La possibile interpretazione

E', dunque, preferibile interpretare il comma 1 bis, aggiungendo un bel “SE”, ovvero, “nel caso in cui le parti decidano che il conduttore possa optare, entro una determinata data, fra l'acquisto o meno dell'immobile e questi decida in senso negativo, gli verrà restituita la parte di canone predeterminata dalle stesse parti”.

In questo modo, l'acquirente viene tutelato, si previene l'insorgere di contrasti e, allo stesso tempo, l'autonomia contrattuale viene preservata.

Infatti, non è detto o reso obbligatorio dalla legge, che il rtb debba perfezionarsi con un unico contratto.

E' ben possibile che venga stipulato un vero e proprio contratto di locazione, connesso, in modo reciproco, con un contratto preliminare di compravendita, nel quale non è sempre necessario e/o opportuno concedere una facoltà di recesso al promissario acquirente.

Se, poi, è proprio necessario introdurre una clausola del genere, si potrebbe anche prospettare che dalle somme da restituire al conduttore vada decurtata una percentuale, liberamente decisa dalle parti, quale indennizzo in favore del venditore.

In questo modo, lo squilibrio creato dal Legislatore potrebbe diminuire.

Coerenza fra le norme

Questa è una mia personale interpretazione, ma, a ben vedere, garantisce maggiore coerenza fra il comma 1 bis e i comma 3 e 5 laddove:

a) è data la possibilità al proprietario – concedente, qualora il conduttore – acquirente non intenda procedere con l'acquisto, di rivolgersi al giudice ed ottenere, in virtù dell'art. 2932 c.c., una sentenza che dichiari il passaggio della proprietà (comma 3, art. 23 Decreto Sblocca Italia);

b) è stato previsto che, in caso di inadempimento del conduttore, questo perda la quota dei canoni versati a titolo di anticipo sul prezzo, se non diversamente pattuito in contratto (comma 5, art. 23 Decreto Sblocca Italia).

Lo ribadisco, quella che precede è la mia personale interpretazione, la si può condividere o meno, una cosa è certa: il comma 1 bis non facilita le vendite e dimostra che, molte volte, è preferibile lasciare tutto all'autonomia delle parti e che i contratti restino atipici, vale a dire, non disciplinati da alcuna norma, poiché le parti, se consigliate ed affiancate da professionisti preparati, sono in grado di sopperire a qualsiasi lacuna legislativa e a tutelarsi in modo adeguato.

Avvocato Gennaro Marasciuolo del Foro di Trani

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