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Vendita immobili da costruire: un’arma spuntata per chi firma il compromesso d'acquisto

Il “decreto casa”, il D.L. 47/2014, così come convertito e modificato dalla Legge 80/2014:

1)      ha reso irrinunciabile le tutele previste dal D.Lgs. 122/2005;

2)      ha esteso il diritto di prelazione al coniuge dell’acquirente di un’abitazione principale, in caso di vendita all’asta dello stesso immobile;

3)      ha reso non più esperibile l’azione revocatoria fallimentare nei confronti di coloro che hanno acquistato da un costruttore fallito e siano in possesso dei requisiti di cui all’art. 10 del D.Lgs. 122/2005.

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Il D.Lgs. 122/2005 contenente disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire.

Siamo in materia di compravendita immobiliare e il già citato D.Lgs. 122/2005 si occupa di tutelare gli acquirenti di immobili non ancora costruiti o in procinto di costruzione, che “acquistano sulla carta”.

Di solito, è oramai la prassi generalizzata, i costruttori, siano essi imprese (impropriamente “ditte individuali”) o società, cercano di vendere i loro immobili, mentre è ancora in corso l’edificazione.

I costruttori, infatti, oltre a voler realizzare subito, vendendo anche ad un prezzo leggermente inferiore a quello di mercato, cercano di esporsi il meno possibile con le banche, usufruendo di maggiore liquidità per fronteggiare i costi.

In concreto, il costruttore e l’acquirente stipulano un contratto preliminare di compravendita o comunemente detto, compromesso, con il quale le parti stabiliscono il prezzo totale dell’immobile, il capitolato delle opere da eseguirsi, il giorno in cui verrà sottoscritto il contratto definitivo e, quindi, le modalità di pagamento.

In questo modo, l’acquirente, o meglio, il futuro acquirente, perché il contratto di compravendita vero e proprio non è stato ancora sottoscritto, paga un tot al momento della sottoscrizione del contratto preliminare e altre tranches, di solito, in base allo stato di avanzamento dei lavori (s.a.l.) e la restante somma al momento della sottoscrizione del contratto definitivo.

Ma, cosa succede se il costruttore, ad esempio, fallisce o l’immobile oggetto di compromesso viene pignorato?

Prima del D.Lgs. 122/2005, generalmente, l’acquirente o il futuro acquirente si trovava completamente spiazzato e, dopo aver consegnato al costruttore i risparmi di una vita, non poteva fare altro che inserirsi (insinuarsi) nel fallimento o nella procedura esecutiva, per tentare di ritornare in possesso dei propri soldi.

Non era e non è un caso, però, che il semplice acquirente non riusciva ad ottenere la restituzione di tutti gli anticipi effettuati, poiché, la gran parte delle volte, doveva competere con gli istituti di credito o con altri creditori “con privilegio”, che si erano ampiamente tutelati e che dovevano essere, conseguentemente, pagati prima dei semplici creditori chirografari (gli acquirenti).

Dopo il D.Lgs. 122/2005.

Il Legislatore del 2005, per tutelare gli acquirenti che acquistano sulla carta, ha introdotto una vera e propria forma di garanzia: l'obbligo per il costruttore di consegnare, all'acquirente dell'immobile da costruire, una fideiussione che deve coprire tutti gli importi pagati o che saranno pagati prima del trasferimento del bene, così che, nel caso in cui il costruttore fallisca o, proseguendo con l’esempio, il bene immobile venga pignorato, l’acquirente, azionando detta fideiussione, potrà benissimo rientrare in possesso di quanto versato fino a quel momento, senza passare fra fallimenti o procedure di espropriazione immobiliare.

Le novità introdotte con il D.L. 47/2014.

1) Come già anticipato il Decreto Casa ha apportato alcune modifiche a questo impianto normativo e ha reso completamente nulle le clausole, inserite, per esempio, nel compromesso, con le quali l’acquirente dell’immobile ancora in costruzione rinuncia a tutte le tutele introdotte con il D.Lgs. 122/2005.

Le tutele, per inciso, non si limitano alla fideiussione che copre gli anticipi, ma comprendono anche l’ulteriore polizza assicurativa che il costruttore deve consegnare all’acquirente al momento della sottoscrizione dell’atto di trasferimento e che risarcisce i danni derivanti dalla rovina totale o parziale dell’immobile o da gravi difetti costruttivi delle opere, per vizio del suolo o per difetto della costruzione.

2) L'altra novità introdotta consiste nell'estensione del diritto di prelazione al coniuge in caso di vendita all'asta dell'immobile, se questo era stato già consegnato all'acquirente ed adibito da quest'ultimo, o dal suo coniuge (la novità) o da un parente di primo grado, ad abitazione principale.

Questo presuppone, quindi, che un creditore del costruttore stia cercando di recuperare il proprio credito e, quindi, abbia pignorato l'immobile oggetto del compromesso sottoscritto con l'acquirente e abbia così avviato una procedura espropriativa immobiliare e il bene sia stato venduto con la procedura della vendita senza o con incanto.

A parità di prezzo (e di condizioni), l'acquirente o il partente di primo grado o il suo coniuge, possono, dunque, aggiudicarsi comunque l'immobile, azionando il loro il diritto di prelazione e sostituendosi a colui che ha regolarmente partecipato alla vendita con o senza incanto.

3) L'ulteriore novità è l'impossibilità, per il curatore del fallimento del costruttore, di esperire l'azione revocatoria fallimentare nei confronti dell'atto di trasferimento dell'immobile costruito e acquistato se:

a) l'acquirente si impegna a trasferire, entro 12 mesi, la propria residenza o quella del coniuge o dei suoi parenti entro il terzo grado;

b) se il prezzo pagato e valutato alla data della stipula del preliminare è giusto.

L'azione revocatoria in generale e quella fallimentare in modo particolare travolgono il contratto.

Se, quindi, la norma in questione non fosse stata introdotta nel 2005 e modificata nel 2014, il regolare esperimento dell'azione revocatoria avrebbe fatto perdere all'acquirente l'immobile e lo avrebbe costretto ad insinuarsi nel passivo del fallimento per tentare di ottenere il pagamento di quanto versato.

Perchè la misura della nullità della clausola di rinuncia delle garanzie è un'arma spuntata.

La misura della nullità della clausola con la quale l'acquirente rinuncia alle garanzie dettate dal D.Lgs. 122/2005 ha senso se, per l'appunto, la clausola in questione viene scritta nel preliminare, nel compromesso: se invece, non viene apposta, cosa succede?

La questione non è di poco conto, poiché, nella prassi, la clausola di rinuncia non viene apposta e i costruttori, che hanno predisposto il contratto preliminare, si guardano bene dallo spiegare cosa succede in caso di loro fallimento.

Per il costruttore, infatti, la fideiussione rappresenta un costo e questo implica che i costruttori più illuminati, se prevedono la sua consegna, riversino il relativo costo sull'acquirente, il quale di fatto fidandosi della “solidità” del costruttore, preferirà non sobbarcarsi di questa ulteriore spesa.

Se, quindi, la clausola non è stata apposta non potrà essere dichiarata nulla e l'acquirente potrà solo agire per ottenere il suo immediato rilascio o, come in passato, agire ottenendo la nullità dell'intero contratto.

L'originaria versione del D.Lgs. 122/2005, infatti, prevedeva e prevede tutt'ora la nullità dell'intero contratto se il costruttore non consegna all'acquirente la fideiussione. Si tratta di una nullità relativa, vale a dire, in un giudizio, non può essere rilevata autonomamente dal giudice (come avviene per la c.d. nullità assoluta), ma è necessario che la parte (l'acquirente) proponga un'esplicita domanda.

Avvocato Gennaro Marasciuolo

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