Pillola n. 4 Riforma della Filiazione: il genitore collocatario decide la residenza abituale dei figli
La residenza abituale dei figli è uno dei concetti introdotti dalla c.d. riforma sulla filiazione che farà maggiormente discutere, poiché molti hanno il timore che la recente modifica legislativa abbia reintrodotto l’affido esclusivo dei minori, a discapito dei genitori non “collocatari”, i quali si trasformerebbero in genitori di serie B.
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Origine della questione.
Siamo in materia di disgregazione del nucleo familiare, qualsiasi esso sia.
Il D.lgs. 154/2013, dando seguito alla legge delega in materia di filiazione, L. 219/2012, ha uniformato tutte le norme concernenti la disciplina della prole, indipendentemente dall’esistenza, o meno, di un legame giuridico fra i genitori (matrimonio o convivenza) ed indipendentemente dal motivo che ha causato la rottura del legame (separazione, divorzio, nullità o annullamento del matrimonio, semplice disaccordo fra i conviventi).
L’art. 337 ter c.c., terzo comma, descrivendo come andrebbe disciplinata la responsabilità genitoriale, chiarisce che i genitori, di comune accordo, devono assumere le decisioni di maggior interesse per i figli come quelle inerenti l’istruzione, l’educazione, la salute e la residenza abituale dei figli.
Ciò comporta che, in caso di disaccordo, la decisione è rimessa al giudice.
La reintroduzione dell’affido esclusivo.
Questo quadro normativo avrebbe praticamente introdotto l’affido esclusivo, poiché il giudice, seppur nell’interesse dei figli, difficilmente potrà garantire una frequentazione di entrambi i genitori in modo equilibrato e flessibile, come era negli intenti del Legislatore del 2006 allorquando fu introdotto l’affido condiviso.
Come si verificava prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 154/2013 e si verifica tutt’ora, il giudice nominerà un genitore collocatario, presso il quale la prole dimorerà, o meglio, risiederà abitualmente, stabilendo tempi e modalità della loro presenza, presso l’altro genitore, oltre l’ammontare dell’assegno che quest’ultimo dovrà versare, a titolo di contributo nel mantenimento.
Sostenere, come ha fatto la commissione Bianca, che ha materialmente redatto il D.Lgs. 154/2013, il rispetto della bigenitorialità da parte della nuova normativa, diventa un’impresa ardua.
Stando così le cose, il genitore collocatario (nella gran parte dei casi, la madre), può cambiare la propria residenza e, conseguentemente, quella dei figli conviventi?
Non esiste una norma che lo vieti!
Non potrebbe neanche esistere, poiché sarebbe contraria all’art. 16 della Costituzione, che garantisce ad ogni cittadino di circolare e di soggiornare liberamente, in qualsiasi parte del territorio nazionale.
Ma, allora, il genitore cosa rischia il genitore collocatario che cambia residenza?
Il genitore collocatario, di certo, non può allontanarsi senza dare alcuna comunicazione all’altro.
Secondo l’ultimo comma dell’art. 337 sexies c.c., infatti, in presenza di figli minori, entrambi i genitori sono obbligati a comunicare all’altro l’avvenuto cambio di domicilio o di residenza, entro il termine perentorio di 30 giorni. Nel caso in cui tale obbligo non venga ottemperato, il genitore allontanatosi dovrà risarcire gli eventuali danni, che l’altro avrà subito a causa della mancata comunicazione.
Dubito, però, che questa previsione possa realmente intimorire e, quindi, far desistere il genitore che intende allontanarsi con i figli.
Nel caso in cui, però, vi sia un provvedimento di un Tribunale che colloca i figli minorenni in un determinato luogo e prevede tempi e modi di incontro con il genitore non collocatario, il trasferimento della residenza abituale del genitore collocatario e, quindi, quello dei figli, potrebbe integrare il reato di “mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice” (art. 388 c.p.).
Il cambio di residenza, soprattutto se realizzato per eludere il provvedimento giudiziale e, conseguentemente, per frustrare le legittime pretese dell’altro genitore, integra la fattispecie descritta al secondo comma dell’art. 388 c.p., che punisce chi elude l’esecuzione di un provvedimento del giudice civile, che concerna l’affidamento de minori … .
Diversamente da quello che molti genitori collocatari ritengono, infatti, le norme sull’affido dei minori, comprese quelle che hanno introdotto il c.d. affido condiviso, non hanno come fine principale la tutela dei genitori e del loro “diritto di visitare” i figli in determinati giorni e a determinate ore. I soggetti effettivamente tutelati dalla normativa sono i figli minori, i quali hanno tutto il diritto di crescere con entrambe le figure genitoriali, anche e soprattutto per uno sviluppo sereno ed equilibrato della loro personalità.
Ciò comporta che, frequenti e non comunicati spostamenti dei luoghi di dimora da parte del genitore collocatario e, quindi,senza preavviso all’altro genitore, integrano la fattispecie penale di cui all’art. 388 c.p. (Cass. Pen. Sezione VI, 23 ottobre 2013, n. 43292).
Dal canto suo, cosa potrebbe fare il coniuge non collocatario? Dovrebbe rassegnarsi e “inseguire” i figli?
Potrebbe rivolgersi al giudice e chiedere un provvedimento che modifichi le condizioni di affidamento dei figli minori (art. 710 c.p.c. e 337 ter c.c.).
In fondo, sarebbe più logico che i figli restino nel loro habitat, in quella che è stata la loro residenza abituale, nel luogo dove sono cresciuti, per evitare che all’inevitabile trauma della disgregazione del nucleo familiare si sommi un altro, collegato all’allontanamento dal luogo che hanno sempre identificato come “casa”.
Ne consegue, dunque, che, se il genitore collocatario intende trasferirsi a centinaia di chilometri di distanza dalla precedente residenza e dall’altro genitore, quest’ultimo potrà agire per ottenere la modifica delle statuizioni concernenti l’affido della prole.
Questo anche se, con il nuovo riordino normativo, è letteralmente scomparsa la norma contenuta nell’ultimo comma dell’art. 155 quater c.c. che consentiva la modifica del provvedimento giudiziale inerente l’affidamento, comprese le condizioni economiche, nel caso di cambio di residenza o di domicilio di un coniuge (non del genitore!!).
Secondo la giurisprudenza, però, la distanza deve costituire un vero e proprio ostacolo all’esercizio della responsabilità genitoriale, poiché le brevi distanze, valutate caso per caso, possono non avere alcuna incidenza e, in quanto tali, non potrebbero essere poste alla base di una modifica giudiziale (Cass. Civ., Ordinanza 18 febbraio – 18 marzo 2014, n. 6208).
Avvocato Gennaro Marasciuolo
Fonti:
Relazione del Governo:
http://www.governo.it/backoffice/allegati/72155-8857.pdf
Commissione Bianca, Rita Rossi: divelti i paletti e le pietre angolari del condiviso:
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