Il divorzio resta automatico, se il coniuge cambia sesso
Anche questa volta una questione riconducibile alle unioni fra persone dello stesso sesso si è risolta con l'ennesima bacchettata della Corte Costituzionale nei confronti del Legislatore, il quale è stato nuovamente invitato a intervenire nel disciplinare le unioni civili e, quindi, a tutelare adeguatamente i diritti e gli obblighi della coppia non sposata.
La Corte Costituzionale con la sentenza 170 del 2014, in altre parole, non ha manifestato alcuna apertura verso il matrimonio fra persone dello stesso sesso, si è solo limitata a dichiarare l'illegittimità degli artt. 2 e 4, L. 164/1982 nella parte in cui, non consentono alla coppia sposata che subisce il divorzio automatico, di regolamentare la propria unione con un'altra forma di convivenza registrata, la cui disciplina è di unica competenza del Legislatore.
Rimane tutto immutato!!
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Cosa è successo? L'antefatto.
La Corte di Cassazione, nel giugno dell'anno scorso, aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale (ordinanza n. 14329) dell’art. 4 della L. 164 del 1982, oggi sostituito dall’art. 31 del D.Lgs. 150 del 2011 ma applicabile al caso portato alla sua attenzione, che fa discendere, dalla sentenza di rettifica del sesso di un coniuge, lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili matrimonio religioso.
La Suprema Corte, dunque, si era domandata se l'eliminazione automatica del vincolo matrimoniale, vale a dire, senza che i coniugi potessero esprimere il loro consenso o meno a riguardo, fosse compatibile con la nostra Costituzione o meno.
L'eliminazione “chirurgica” del matrimonio, come avevano spiegato i giudici con l'ermellino, trova la sua giustificazione nella tutela di due interessi particolari:
1) l’interesse dello Stato a non modificare i modelli familiari;
2) il diritto del soggetto a rettificare il sesso attribuitogli alla nascita e, quindi, ad intraprendere una nuova vita, anche contraendo nuove nozze.
Ma tanto non può contrastare altri diritti ugualmente degni di tutela, quali:
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il diritto ad autodeterminarsi nelle scelte relative all’identità personale;
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il diritto alla conservazione della preesistente dimensione relazionale, quando assume i caratteri della stabilità e continuità;
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il diritto di non essere ingiustificatamente discriminati, rispetto a tutte le coppie coniugate, alle quali è riconosciuta la possibilità di scelta sul divorzio;
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il diritto dell’altro coniuge di scegliere se continuare la relazione coniugale.
L’eliminazione automatica del matrimonio, quindi, non sarebbe compatibile con l’esercizio del diritto personalissimo dell’individuo ad esprimere il proprio consenso alla celebrazione del matrimonio e, conseguentemente, con il diritto ad esprimere il consenso contrario, atto a porre termine al vincolo matrimoniale.
La risposta della Corte Costituzionale.
Per il giudice delle leggi, invece, le norme che impongono la cessazione del vincolo coniugale al passaggio in giudicato della sentenza di rettifica del sesso, contrasterebbero con l'art. 2 della Costituzione, laddove è sancita la tutela di ogni “formazione sociale”, da quella più piccola come può essere la famiglia a quelle più complesse.
Oltre alla famiglia, come è stato più volte ribadito a livello giurisprudenziale, è anche la singola coppia a rientrare nel concetto di formazione sociale, a condizione che sia connotata da una stabile convivenza, idonea a consentire e a favorire il libero sviluppo della persona della vita di relazione.
Dunque è ben possibile che dopo la pronuncia di rettifica del sesso di un coniuge, la coppia decida di continuare a vivere come se fosse ancora sposata e che, quindi, tale unione, però, come indicato dalla Corte Costituzionale, non sia disciplinata più dall'istituto del matrimonio, bensì sotto un'altra forma: come convivenza registrata, dalla quale discendano specifici obblighi e diritti ai conviventi sia come singoli che come coppia.
La Corte Costituzionale, quindi, non ha bandito il divorzio automatico quale conseguenza del mutamento del sesso da parte di un coniuge, ha solo evidenziato che, a causa del venir meno del vincolo coniugale, gli ex coniugi non godono più di alcuna tutela, se intendono rimanere insieme, e che, quindi è necessario, che il Legislatore introduca una disciplina per le convivenze.
Spetterà al Legislatore cogliere l'ennesimo invito della Corte Costituzionale a riguardo.
Come al solito: staremo a vedere!!
Avvocato Gennaro Marasciuolo