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Perchè l'Asl e il medico convenzionato risarciscono il danno

A quanto pare è possibile!

Se a sbagliare è il medico di famiglia, l'Asl risarcisce il danno!

Perchè tanta meraviglia?

Semplice, non è stato sempre così!

Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione (sentenza n. 6243/2015), è l'Asl a rispondere nei confronti del paziente - utente dannaeggiato dal medico generico convenzionato!

Il medico generico, invece, è obbligato nei confronti dell'utente dell'Asl e risponde per effetto dell'oramai famoso "contatto sociale".

In altre parole, in quest'altro settore della responsabilità medica, al paziente è data la possibilità di scegliere se agire solo nei confronti dell'Asl o solo nei confronti del medico - generico, ovvero nei riguardi di entrambi.

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Il ragionamento seguito dalla Corte di Cassazione

Prima della sentenza qui in commento, la Suprema Corte era del parere che

il medico convenzionato (ad es. il medico generico, il pediatra o il dentista), fosse un lavoratore

autonomo, ed in quanto tale, anche perchè scelto dal paziente, era l'unico a rispondere

se commetteva un errore.


L'Asl, così, più volte chiamata a risarcire il paziente, si salvava, poiché ritenuta estranea al

rapporto sorto fra il medico convenzionato e il paziente.

 

Di recente la Corte di Cassazione è andata oltre, ha superato il suo precedente orientamento

giurisprudenziale, ritenendo che sia l'Asl a rispondere nei confronti del paziente (anche in via

esclusiva), poiché ha ritenuto applicabile, in questi casi l'art. 1228 c.c..


Come al solito, però, procediamo per gradi, ripercorrendo l'iter logico seguito dai Giudici con

l'ermellino!

 

Secondo quanto previsto nel nostro ordinamento giuridico, il diritto alla salute è un diritto

garantito e tutelato dalla Costituzione (art. 32) e da questo diritto discende, per l'utente del

Servizio Sanitario Nazionale, il diritto alla prestazione curativa che, in base alla

Legge 833/1978, deve essere erogata dalla competente Asl in ragione dei Lea (Livelli

Essenziali uniformi di Assistenza) o, come si diceva prima, del Piano Sanitario Nazionale.

Quindi, ci sono:

1) da una parte, l'utente - paziente che è titolare di un diritto alla prestazione curativa, il diritto soggettivo pieno ed incondizionato all'assistenza medico - generica ed alla relativa prestazione curativa e,

2) dall'altra parte, l'Asl che è il soggetto individuato dalla Legge per erogare tale prestazione secondo limiti e modalità prescelte dal Legislatore ed a seconda della distribuzione delle risorse finanziarie disponibili.

Fra l'utente e l'Asl, dunque, non viene stipulato alcun contratto e l'unico legame che sorge fra di loro è dato dalla legge.

E' la legge a diventare fonte dell'obbligazione (art. 1173 c.c.), caratterizzata da un soggetto pubblico, l'Asl, che assume la qualità di debitore, poiché deve erogare, per legge, una prestazione curativa e da un soggetto privato, l'utente, creditore della stessa prestazione.

Secondo questa interpretazione, in capo all'Asl sorge una responsabilità di tipo contrattuale (anche senza contratto, ma in virtù della legge), con tutte le relative conseguenze.

L'Asl, dal canto suo, è libera di scegliere come erogare la prestazione curativa di assistenza medico – generica e, quindi, se avvalersi del proprio personale dipendente o di altri, in virtù di un rapporto di convenzionamento.

Nello specifico, fra l'Asl e il medico convenzionato sorge un rapporto di lavoro parasubordinato, poiché quest'ultimo rimane sempre un lavoratore autonomo, libero di eseguire la prestazione come meglio intende, in base alle condizioni del paziente e in virtù delle conoscenze scientifiche in suo possesso, ma deve effettuare una prestazione continuativa per lo stesso committente (l'Asl), che, dal canto suo, lo inserisce nella propria organizzazione aziendale e potrà (o meglio dovrà) effettuare gli opportuni controlli (rispetto delle norme in materia di prestazioni sanitarie, idoneità dei locali e delle attrezzature, rispetto dell'orario).

Di conseguenza, non ha alcuna rilevanza la circostanza che il medico convenzionato sia stato scelto dall'utente – paziente e rileva, invece, che l'utente non debba pagare il medico, ma sia chiamato a corrispondere degli emolumenti ritenuti, pacificamente, di carattere tributario.

Se, quindi, il medico convenzionato è un ausiliario dell'Asl, se commette un illecito nell'adempimento della prestazione curativa, sarà l'ente pubblico a rispondere nei confronti dell'utente – paziente danneggiato, in virtù di quanto indicato dall'art. 1228 c.c..

Questa norma, infatti, prescrive che se il debitore (nel nostro caso, l'Asl) si avvale dell'opera di un terzo, indipendentemente dal tipo di legame fra questi due (lavoro subordinato, parasubordinato o altro), il debitore risponderà per i i fatti dolosi o colposi commessi dallo stesso terzo.

Ma, allora, perchè il medico convenzionato risponde anche lui nei confronti del paziente, non bastava l'Asl?

La Suprema Corte, a tal proposito, ha chiarito che l'Asl è responsabile in via esclusiva, ma ciò non esclude che il medico convenzionato possa rispondere, nei confronti del paziente, in virtù del “contatto sociale”, tenuto conto del tipo di professione che svolge (c.d. professione protetta), nonché dell'affidamento che lo stesso medico crea nei confronti dell'utente che lo ha prescelto.

In altre parole, si è riproposto a piè pari la ricostruzione del tipo di responsabilità fra paziente – struttura ospedaliera (responsabilità contrattuale) e paziente – medico ospedaliero (responsabilità da contatto sociale), all'Asl e al medico convenzionato, bypassando, però, quanto prescritto dalla Legge Balduzzi e quanto stabilito da alcuni giudici illuminati.

Avvocato Gennaro Marasciuolo del Foro di Trani

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