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Anche i conviventi possono chiedere il risarcimento dei danni quando vengono lasciati.

Cassazione Civile, Sezione I, 20/06/2013, n. 15481.

Secondo la Corte di Cassazione il compagno abbandonato può agire per ottenere il risarcimento dei danni e, conseguentemente, può accedere al gratuito patrocinio.

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La vicenda portata all’attenzione della Suprema Corte riguarda, proprio il rigetto dell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio avanzata da una donna.

Ben due giudici di merito, infatti, avevano ritenuto che la donna, in quanto convivente, non poteva essere ammessa al gratuito patrocino, poichè la causa che aveva intenzione di proporre, avente ad oggetto il risarcimento dei danni causati dall’allontanamento del proprio compagno, non poteva essere astrattamente accoglibile, perchè, per i conviventi non esistono norme analoghe a quelle previste per i coniugi.

Era accaduto, infatti, che la ricorrente aveva costituito, con il proprio compagno, una vera e propria famiglia di fatto e dalla loro unione era persino nato un bambino. All’improvviso, però, l’uomo aveva abbandonato tutto e tutti, per coltivare un’altra relazione sentimentale, privando, così, la donna e il piccolo della necessaria assistenza materiale e morale.

E’ oramai pacifico che quando un coniuge viola gli obblighi nascenti dal matrimonio (artt. 143, 147 e 148 c.c.), l’altro, se la violazione è grave, può agire non solo per ottenere una separazione con addebito, ma anche per vedersi risarcire dei danni che quel comportamento ha causato: si parla, a tal proposito, di danni da violazione dei doveri familiari.

La donna, quindi, conscia di tale situazione, ha domandato alla Corte di Cassazione se avesse diritto al risarcimento dei danni derivanti dalla lesione dei propri diritti inviolabili costituzionalmente garantiti e, conseguentemente, se fosse possibile accedere al gratuito patrocinio, per far valere le sue pretese.

Cosa sono i diritti inviolabili costituzionalmente garantiti?

Sono dei diritti fondamentali che non devono essere necessariamente disciplinati da una legge particolare e, soprattutto, nessuna legge potrà mai vietarli o limitarli, poiché legati alla natura dell’uomo, come ad esempio, il diritto alla vita, all'integrità fisica, la libertà di pensiero, la libertà di religione etc. etc.

L’art. 2 della Costituzione, in particolare, oltre a garantire la tutela dei diritti inviolabili della persona al singolo individuo, estende tale tutela anche alle formazioni sociali, ove il singolo ha la possibilità di realizzarsi.

Il nucleo familiare fondato o meno sul matrimonio costituisce, di certo, una formazione sociale degna di tutela, come degno di tutela è anche il singolo componente, il quale ha tutto il diritto di vivere una vita dignitosa e di non veder calpestare i propri diritti individuali e inviolabili.

La violazione dei doveri familiari e, quindi, anche la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio integrano una responsabilità risarcitoria se ledono i diritti inviolabili del singolo componente.

Secondo la Corte di Cassazione, però, come già anticipato, la lesione deve essere grave per essere degna di tutela, poiché quella lieve troverebbe la sua soluzione all’interno del nucleo familiare, mediante la reciproca comprensione e la tolleranza fra i componenti.

E’ ben possibile, quindi, che la violazione dei diritti fondamentali della persona sia configurabile anche all’interno di una unione di fatto, che abbia le caratteristiche, però, della serietà e della stabilità.

Se questo è l’iter argomentativo seguito dalla Suprema Corte, non è escluso che, in futuro, lo stesso percorso possa condurre anche a tutelare i componenti di un unione fra persone dello stesso sesso, a condizione, però, che l’unione sia stabile e seria e che la coscienza sociale muti.

Allo stato i componenti delle “coppie etero” possono agire in giudizio ed essere ammessi al gratuito patrocinio per ottenere il risarcimento dei danni quando subiscono una lesione nei loro diritti inviolabili costituzionalmente garantiti connessi all’unione (formazione sociale) alla quale appartengono, salvo poi, in giudizio, a provare la condotta del danneggiante, i danni subiti e il nesso di causalità fra la predetta condotta e gli stessi danni.

Avv. Gennaro Marasciuolo

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Cass. 15481 13 anche i conviventi possono essere risarciti se abbandonati 09-07-2013 85.04 KB

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